Da quasi due decenni l’architetta tedesca Anna Heringer – che avevamo intervistato sul numero 70 di IoArch – è impegnata in un percorso di ricerca sull’utilizzo della terra cruda come materiale da costruzione. Il rifiuto di Heringer verso il cemento armato è motivato da ragioni macro-economiche (per limitare l’influenza delle lobby) e socio-culturali (per salvaguardare e arricchire le competenze locali, e trasformare la costruzione in un volano per la riduzione delle diseguaglianze).
Una delle sue opere più recenti, l’Anandaloy Building di Rudrapur, in Bangladesh, progettato con la consulenza di Martin Rauch, Andreas Guetling ed Emmanuel Heringer, ha vinto la seconda edizione dell’Obel Award, il premio internazionale promosso dalla Henrik Frode Obel Foundation fondata da Henrik Frode Obel per onorare i contributi architettonici allo sviluppo umano in tutto il mondo.
Ogni anno la giuria fissa un focus speciale per il premio, che nel 2020 è stato ‘mending’, riparazione creativa attraverso la costruzione o il design positivi per il clima.
Secondo la giuria, l’Anandaloy Building, fatto di fango e bambù, mostra in modo giocoso e umile che l’architettura può contribuire a superare segregazione e ingiustizie sociali.
Dal punto di vista architettonico Anandaloy, che significa ‘luogo di gioia profonda’, esplora le capacità plastiche del bambù e della terra cruda per creare un’identità forte e celebrare la diversità.
Sono i suoi spazi tecnici a connotarne l’identità, con la rampa d’accesso che si trasforma da aggiunta funzionale a elemento plastico. Avvolgendosi attorno all’edificio, spicca come un vero e proprio atto dimostrativo, tanto delle potenzialità tecnologiche e formali della terra cruda quanto dell’urgenza di concepire una società più inclusiva.
«Il fango è un vero materiale da costruzione di alta qualità che si può usare per costruire strutture molto precise, non solo piccole capanne ma anche grandi strutture ingegneristiche e persino edifici pubblici. Il nostro compito creativo è quello di prendere un materiale antico e realizzare qualcosa di moderno e adeguato agli usi, alle esigenze e alle aspirazioni contemporanee. Gli edifici di fango possono essere sani, sostenibili, umani e belli» ha spiegato Anna Heringer. «L’argilla è un materiale che permette veramente l’inclusione. Abbiamo fatto lavorare tutti sul posto: giovani e anziani, sani e con disabilità, uomini e donne. Per me è stato meraviglioso che gli operai abbiano realizzato la struttura da soli. Si tratta della ricompensa più grande: quando l’architetto non è più necessario e le tecniche e il know-how sono integrati a livello locale» ha proseguito.
Incaricata di costruire un centro per disabili, Anna Heringer ha proposto di affiancarvi gli spazi di lavoro di Dipdii Textile, il programma di formazione alla sartoria per le donne di Rudrapur attivato dalla Heringer con Veronika Lang e la Ong Dipshikha per sostenere le tradizioni tessili locali e migliorare le opportunità di lavoro nel villaggio. Nelle zone rurali del Bangladesh le donne poche opportunità di lavoro, e molte di loro si trasferiscono in città per vivere e lavorare nelle fabbriche in condizioni disumane. E secondo Anna Heringer «L’architettura è uno strumento per migliorare la vita delle persone».
Martha Schwartz, presidente della giuria dell’Obel Award, ha affermato: «Per tutti noi della giuria, Anandaloy è un progetto eccezionale. È un pezzo originale. Non è ‘nello stile di’; non sta imitando qualcos’altro. Penso che Anna sia assolutamente dedita a quello che sta facendo, che è quello che si vede quando si vede una buona opera d’arte: che dietro c’è un intento buono e mirato. Anna riesce a integrare tutti i suoi valori: sta costruendo in modo sostenibile, usando i materiali che sono disponibili, coinvolgendo le persone in modo che possano imparare a costruire per se stesse, e creando più opportunità per le donne e per le persone con disabilità. Si sente che possiede un autentico rispetto per la cultura, per le persone, per la terra».
Anna Heringer
L’architettura di Anandaloy è il risultato di molti anni di lavoro e di progetti, attraverso i quali Anna Heringer ha sviluppato la sua personale filosofia dell’architettura. Cresciuta a Laufen, una piccola città al confine tra Austria e Baviera, vicino a Salisburgo, a 19 anni Anna Heringer è andata a vivere in Bangladesh per quasi un anno, dove ha imparato il bengalese e si è appassionata alla cultura locale. Ha imparato a conoscere il lavoro di sviluppo sostenibile, ma anche l’edilizia e l’architettura e il valore dell’uso delle risorse locali esistenti. In qualità di architetto e professore onorario della cattedra Unesco di Architettura della Terra, Culture Edilizie e Sviluppo Sostenibile, Anna si concentra sull’uso di materiali da costruzione naturali e facilmente reperibili.
Nel corso degli anni ha realizzato progetti in Asia, Africa ed Europa. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti: il Global Award for Sustainable Architecture, l’AR Emerging Architecture Awards nel 2006 e 2008, la Loeb Fellowship alla GSD di Harvard e una RIBA International Fellowship. Il suo lavoro è stato ampiamente pubblicato ed esposto anche al MoMA di New York, al V&A Museum di Londra e alla Biennale di Architettura di Venezia del 2016 e 2018.
Per un approfondimento si rimanda allo speciale One Earth, qui, ripreso sul nostro sito.