Arte al femminile come cura della memoria e del contesto

Con l’intervento Casting The Tempo dell’artista Margherita Raso per il campanile dell’Abbazia di Santa Maria in Lucedio, nel Comune di Trino (Vercelli), il 30 maggio prende avvio il programma di APTITUDEforthearts, progetto d’arte nel territorio interamente dedicato alla ricerca artistica femminile, ideato e promosso da Marina Roncarolo con la direzione artistica di Paola Nicolin.

Nato da una riflessione sul “prendersi cura” inteso come attitudine, innata o acquisita, radicata nell’universo del femminile, APTITUDEforthearts invita artiste di generazioni diverse a osservare il paesaggio e il peculiare contesto agricolo del vercellese come soggetti di cui appunto prendersi cura, portando attenzioni, gesti e sguardi nuovi e rigeneranti.

La memoria storica e la natura stessa del territorio di Vercelli e del Piemonte orientale – legato alla filiera del riso – sono profondamente connotate dalla presenza della donna, un tempo come forza lavoro e oggi come presenza peculiare tanto nell’imprenditoria quanto nelle attività culturali. Da qui la scelta di Marina Roncarolo e Paola Nicolin di guardare alla produzione artistica al femminile per raccontare la storia e la natura di un’area ancora poco conosciuta per valorizzarne tanto il patrimonio immateriale quanto quello artistico e architettonico attraverso il recupero di spazi storici in corso di restauro, dismessi o in attesa di cure.

Luogo ideale per iniziare questo percorso è l’Abbazia di Lucedio, complesso architettonico creato dai monaci cistercensi dal 1123 circa nel comune di Trino: un capolavoro di architettura sacra e un modello di economia sostenibile, primo esempio di luogo di produzione e meditazione legato alla cultura del riso.

Margherita Raso (Lecco, 1991) si è confrontata con il complesso architettonico dando vita a un’installazione realizzata con opere tridimensionali e sonore che si snodano attraverso lo spazio del Campanile della Abbazia.

Il percorso prende spunto dall’affresco che raffigura le canne di un organo sul retro della facciata di ingresso della chiesa dell’abbazia: oggetto solo rappresentato, è tuttavia una presenza visiva carica di attesa ed evoca in modo silenzioso la fervida attività musicale che vi si svolgeva.
In collaborazione con l’Antica Fabbrica Passamanerie Massia di Torino e l’azienda Clerici Tessuto di Como, l’artista ha realizzato una composizione musicale per organo effettuando una traduzione in suono delle armature dei tessuti da lei disegnati. Queste sonorità sono state registrate tra sintesi analogica e digitale dalla musicista americana Kali Malone, con cui Margherita Raso ha ideato un componimento musicale, dando vita a una trama armonica che risuonerà diffusamente dall’interno del Campanile fino all’esterno, rievocando memorie secolari di canti e di lavoro.

All’interno del Campanile, al suono verranno affiancati alcuni elementi scultorei posti lungo il percorso che porta dalla terra al cielo.

Le immagini portate in superficie grazie all’intreccio di trama e ordito prendono ispirazione dall’ambiente del quale fa parte l’Abbazia, risultato di un’operazione di ricognizione fotografica delle risaie. A partire da queste mappe realizzate attraverso l’impiego di un drone, Margherita Raso ha operato per sottrazione: l’immagine è stata scomposta nei suoi dettagli per sviluppare un’indagine sulla luce e sul colore, attingendo al celebre dipinto di Angelo Morbelli Per ottanta centesimi! – conservato nel Museo Borgogna di Vercelli – come fonte d’ispirazione visiva e metodologica.

I tessuti portano in questo modo l’esterno, il paesaggio della risaia, all’interno dello spazio, sollecitando una serie di riflessioni sul paesaggio che cambia e sul ritmo delle stagioni che scandiscono la relazione tra uomo e natura.

Se da un lato il tessuto è metafora dell’esterno, del contesto, del mondo che ci circonda, il suono è a sua volta metafora dell’interno, dell’interiorità, vale a dire degli aspetti più spirituali, meditativi e introspettivi legati a un lavoro fatto di gesti che si ripetono – quasi automatici e meccanici – di confidenze e di canti che li accompagnano. In questo senso la risaia a sua volta diventa un paesaggio del lavoro nel quale si rispecchiano altri luoghi di produzione contemporanei destinati ad allargare la riflessione sul lavoro oggi.

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