La Fondazione Ferrero di Alba (Cuneo) presenta un nuovo progetto espositivo intitolato Burri. La poesia della materia, dedicato a uno dei grandi protagonisti dell’arte del Novecento, Alberto Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza, 1995).
La mostra è a cura di Bruno Corà, presidente della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, e propone un allestimento originale studiato appositamente per gli spazi della Fondazione e articolato in una serie di sale che accolgono quarantacinque opere, tra cui lavori di grandi dimensioni.
Burri. La poesia della materia e Burri. Il Cretto di Gibellina (Al centro della città di Alba, negli spazi espositivi di Palazzo Banca d’Alba) sono entrambe promosse dalla Fondazione Ferrero in collaborazione con la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri e aperte al pubblico gratuitamente da sabato 9 ottobre 2021 a domenica 30 gennaio 2022.
La scelta di opere presentate in mostra alla Fondazione Ferrero copre un arco temporale che va dal 1945, con i primi “Catrami” (1948), sino alle ultime opere “Oro e nero” datate 1993 e prossime alla scomparsa dell’artista avvenuta nel 1995.
Tra i lavori esposti, opere prime di Burri appartenenti ai cicli dei ‘catrami’, delle ‘muffe’, dei ‘sacchi’, delle ‘combustioni’, dei ‘legni’, dei ‘ferri’, delle ‘plastiche’, dei ‘cretti’ e dei ‘cellotex’, esperienze cruciali per la pittura contemporanea che portano il nome dei materiali che l’artista di Città di Castello ha di volta in volta utilizzato trasformandoli in capitoli epici di un’unica concezione artistica.
Afferma il critico e storico dell’arte Bruno Corà, presidente della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri: «Il titolo della mostra deve essere preso alla lettera. Non si tratta affatto solo di un ennesimo generico invito a considerare l’importanza decisiva della materia nella poetica di Burri. Ai visitatori della mostra di Alba proponiamo invece di assistere a un’indagine in fieri sul rapporto strettissimo, non solo a livello di fruizione estetica, ma autenticamente strutturale, costitutivo, tra l’opera di Alberto Burri e la parola in versi, la grande poesia del ‘900 ».
Nell’evidenziare il rapporto tra Burri e la poesia, la mostra mantiene al centro della riflessione la materia, intesa come fonte inesauribile di sperimentazioni in una totale libertà di approccio al fare pittorico, generatrice di processi creativi in continua evoluzione. L’opera dell’artista è osservata come un laboratorio di sperimentazione incessante che ha anticipato, con la sua ricerca fondata sulla riqualificazione linguistica, molte delle questioni che hanno interessato le correnti artistiche degli anni Sessanta del Novecento.
La mostra è corredata da un catalogo edito da Skira, curato da Bruno Corà, con i contributi critici e di studio di Corà, José Jiménez, Thierry Dufrêne, Petra Richter, Mario Diacono, inclusivo di una ricca documentazione iconografica delle opere, di apparati biografici accompagnati da una antologia critica selezionata e del progetto espositivo.
Il mecenatismo è uno degli elementi portanti dell’identità della famiglia Ferrero. Per volere della Presidente della Fondazione Ferrero, Maria Franca Ferrero, e in conformità al motto della Fondazione “Lavorare, Creare, Donare”, tutti gli eventi espositivi della Fondazione fin qui realizzati sono stati fruiti in modo completamente gratuito da parte dei visitatori di ogni età: lo stesso avverrà per la mostra Burri. La poesia della materia.
La mostra, che ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica, è realizzata con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, con il patrocinio della Città di Alba e la partecipazione della GAM – Galleria Civica di Arte Moderna e Contemporanea di Torino.
Alberto Burri
Ufficiale medico in Africa settentrionale durante la seconda guerra mondiale, Alberto Burri viene fatto prigioniero dagli inglesi e inviato in un campo di prigionia in Texas, dove comincia a dipingere. Tornato in Italia nel 1946, si stabilisce a Roma e si dedica completamente alla pittura.
Nel 1947-48 tiene le prime mostre personali nella capitale alla Galleria La Margherita. Nel 1948 visita Parigi, dove l’anno successivo partecipa al Salon des Réalités Nouvelles.
Nel 1951 è presente nella mostra Origine con Ballocco, Capogrossi e Colla, e l’anno successivo espone alla Galleria dell’Obelisco Neri e Muffe. Dal 1950 i ‘Sacchi’ assumono rilievo nelle mostre personali che si tengono anche in varie città americane ed europee.
Nel 1953 partecipa alla mostra Younger European Painters al Guggenheim di New York e nel 1955 cura la sua prima monografia. Il successo europeo e americano aumenta con la sua presenza, accanto ai principali artisti del panorama internazionale, in prestigiose sedi internazionali.
Dal 1952 partecipa a numerose edizioni della Biennale di Venezia, a documenta di Kassel nel 1959 e nel 1964, e tiene ampie personali a Londra, Bruxelles, Krefeld e Vienna. Sono gli anni in cui appaiono i ‘Legni’, le ‘Combustioni’ e i ‘Ferri’, elaborati anche con l’uso del fuoco.
Nel 1961 sue opere figurano anche nell’importante rassegna The Art of Assemblage al MoMA.
Agli inizi degli anni Sessanta le prime ricapitolazioni antologiche di Parigi, Roma, L’Aquila e Livorno divengono, con il nuovo contributo delle ‘Plastiche’, tra il 1967 e il 1972, vere e proprie retrospettive storiche a Darmstadt, Rotterdam, Torino e Parigi.
Gli anni Settanta registrano un uso di particolari mezzi tecnici e formali e soluzioni monumentali: dai ‘Cretti’ (terre e vinavil) ai ‘Cellotex’ (legname compresso per uso industriale). Accanto alle personali si susseguono retrospettive storiche nei principali musei d’arte contemporanea del mondo.
Nel 1973 Burri riceve dall’Accademia Nazionale dei Lincei il Premio Feltrinelli per la grafica.
Nel 1977 un’ampia retrospettiva è presentata in vari musei statunitensi, tra cui il Guggenheim di New York, e nello stesso anno l’artista esegue per l’Università di Los Angeles il Grande Cretto Nero Los Angeles; così pure l’anno successivo, in occasione di una personale al Museo di Capodimonte, dona al museo napoletano il Grande Cretto Nero Capodimonte.
Alla fine del decennio Burri inizia a realizzare complessi organismi ciclici a struttura polifonica, di cui il primo è Il Viaggio nel 1979, cui seguono gli Orti nel 1980, Sestante, presentato a Venezia nel 1983, e Annottarsi nel 1985-86.
Nel 1980 avviene lo storico incontro Beuys-Burri a Perugia.
Dal 1981 è allestita in permanenza a Palazzo Albizzini a Città di Castello un’attenta selezione di sue opere, omaggio di Burri alla città natale. Nel 1984, per inaugurare l’attività di Brera nel settore dell’arte contemporanea, Milano ospita un’esaustiva mostra di Burri a Palazzo Citterio.
Nel 1985 l’artista è invitato dal sindaco di Gibellina, Ludovico Corrao, a realizzare un’opera per la città ricostruita dopo il terremoto del 1968 ma decide invece di intervenire sulle rovine della città vecchia e progetta il Grande Cretto Gibellina, gigantesca opera ambientale portata a termine solo nel 2015.
Nel 1989 la Fondazione Palazzo Albizzini acquisisce a Città di Castello gli Ex Seccatoi del Tabacco, complesso industriale trasformato in una gigantesca scultura nera, contenitore ideale per i grandi cicli pittorici e per le sculture donate dall’artista alla sua città.
Gli anni Ottanta e Novanta sono caratterizzati da grandi cicli di Cellotex presentati in vaste personali, retrospettive e nelle Biennali internazionali.
Nel 1994 Burri partecipa alla mostra The Italian Metamorphosis 1943-1968 presso il Solomon R. Guggenheim Museum di New York che nel 2015, nel centenario dalla sua nascita, gli dedica una vastissima antologica, trasferita l’anno successivo alla Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen di Düsseldorf.