A Milano, dal 25 gennaio al 12 febbraio all’Adi Design Museum un’installazione itinerante realizzata da Vitra dedicata a Jean Prouvé permette di riscoprire la storia di una delle figure più interessanti del XX secolo, il suo approccio a progetti, strutture, materiali, e la sensibilità dell’architetto francese per il colore.
Molto ammirata da contemporanei quali Le Corbusier, Fernand Léger e Alexander Calder, l’opera di Jean Prouvé (1901-1984) è tra le più significative nel mondo del design e comprende una gamma estremamente ampia di oggetti, da tagliacarte ad accessori per porte e finestre, da apparecchi di illuminazione e mobili a elementi di facciate e case prefabbricate, da sistemi di costruzioni modulari a grandi strutture espositive.
Esperto nell’uso della lamiera d’acciaio, Prouvé utilizzava strumenti propri dell’industria e lavorava con i nuovi materiali, oltre alle lamiere il multistrato e i primi polimeri, ma anche alle possibilità offerte dai metodi di produzione più recenti per rispondere ai problemi dell’arredo e dell’edilizia.
In occasione di una visita a Parigi negli anni Ottanta, Rolf Fehlbaum, oggi presidente emerito di Vitra, acquistò la seduta Antony Chair di Jean Prouvé, risalente al 1954. Quell’incontro segnò l’inizio di una passione e il primo tassello della collezione museale più vasta al mondo di arredi e oggetti del designer francese ora parte del Vitra Design Museum.
In stretta collaborazione con la famiglia Prouvé, dal 2002 Vitra riedita alcuni arredi di Jean Prouvé l’obiettivo di renderli accessibili a un pubblico più vasto.
L’installazione itinerante ospitata dall’Adi Design Museum è un’occasione per approfondire il suo approccio a progetti, strutture e materiali e in particolare la sua sensibilità per il colore. La componente cromatica è tra i tratti distintivi dell’intera opera di Prouvé. I colori ideati per gli elementi in acciaio dei suoi arredi e per l’architettura hanno attinto a vari riferimenti, dal Blé Vert, che descrive il colore verde del frumento giovane, al Gris Vermeer, che allude ai toni grigi dell’opera dell’artista olandese.