Con studi a Genova e Parigi, Renzo Piano Building Workshop (RPBW Architects) impiega a tempo pieno circa 110 architetti e altri 30 membri di supporto, inclusi artisti della visualizzazione 3D, modellisti, archivisti, personale amministrativo e di segreteria.
In studio i modelli vengono realizzati secondo il principio del “design to build” e fin dall’inizio si cerca di garantire che ogni dettaglio funzioni e rappresenti l’edificio finito anche nei più piccoli particolari.
Per crearli, il team di modellisti si affida a una combinazione di strumenti tradizionali e tecnologie digitali, come fresatrici CNC, taglierine laser e anche stampanti 3D.
«I nostri modelli cambiano ogni giorno, spesso anche più volte al giorno – spiega Francesco Terranova, modellista presso il laboratorio di Genova. Poiché gli architetti cambiano il progetto molto rapidamente, il più delle volte non abbiamo abbastanza tempo per farlo a mano e dobbiamo trovare un modo per farlo più velocemente».
Il primo step per la realizzazione dei modelli di solito è la stampa in scala su carta per capire le dimensioni reali del modello. Per i modelli di grandi dimensioni, troppo ingombranti per il trasporto, si cerca di comprendere come suddividerli in modo da costruirli già divisi in due o più parti, per essere poi rimontati una volta giunti a destinazione.
Per la base del modello spesso è preferibile e meno costoso utilizzare la taglierina CNC e materiali rigidi. Un discorso diverso va fatto invece per quelle forme geometriche non facili da realizzare a mano, come le sfere e le superfici curve.
«Farle a mano richiederebbe giorni e non ore come spesso è richiesto – prosegue Terranova – ma se lo stampi in 3D puoi, ovviamente, fare esattamente quello che vedi nel file 3D. Quindi cerchiamo di utilizzare il più possibile le stampanti 3D per facilitare il nostro lavoro. Abbiamo realizzato dei modelli per l’Academy Museum of Motion Pictures di Los Angeles. Ha una forma simile a quella di una sfera pressata. Questo museo è cambiato, credo, centinaia di volte. Ogni giorno dovevamo fare un altro modello, cambiandolo solo di poco rispetto al precedente. L’unico modo per farlo così velocemente era stamparlo in 3D. La cosa buona è che possiamo avviare la stampante di notte e quando torniamo la mattina troviamo il modello pronto. In questo modo non perdiamo tempo durante la giornata».
Il laboratorio di Genova ha introdotto la sua prima stampante 3D sei anni fa. Da allora ha ampliato la propria flotta a tre macchine, utilizzando tre diverse tecnologie, e ne sono state provate molte di più.
«Sei anni fa abbiamo iniziato con una macchina a base di polvere [che utilizza la tecnologia binder jetting]. Non era molto utile perché era molto sensibile all’umidità e la precisione non era in linea con ciò di cui avevamo bisogno. Quindi, siamo passati alla stampante di Formlabs Form 2 [che utilizza la tecnologia della stereolitografia – SLA]. Abbiamo poi aggiunto una 3D Systems [stampante a getto di materiale di grande formato] che stampa con la resina.
E abbiamo anche una piccola stampante 3D FDM che funziona con PLA e ABS – spiega ancora Francesco Terranova. Ciò che apprezziamo delle Formlabs è la solidità e la resistenza del materiale, e anche la precisione dei modelli. Le resine Formlabs, una volta stampate, sono molto facili da carteggiare. Questa è un’ottima cosa perché abbiamo sempre bisogno di dipingere il modello. Anche se usiamo la White Resin, il bianco non è esattamente lo stesso bianco che vogliamo. In realtà dobbiamo dipingere sia il modello realizzato con stampanti 3D sia il resto del modello realizzato con taglierine CNC e altri strumenti. Quindi la possibilità di carteggiare facilmente è molto utile».
Di recente, lo studio ha anche cambiato la sua Form 2 con la più recente stampante SLA di Formlabs, la Form 3, che ha permesso allo studio di stampare alcuni dei modelli più complessi e i particolari più difficili, come ad esempio gli alberi, risparmiando anche tempo sulla post-elaborazione.