Siris, un intervento artistico per il parco archeologico di Herakleia

Completato in primavera e presentato ufficialmente lo scorso 10 novembre, il progetto artistico Siris, curato dal laboratorio interdisciplinare Studio Studio Studio di Edoardo Tresoldi con la direzione artistica di Antonio Oriente,valorizza il Parco Archeologico di Herakleia a Policoro (Matera) restituendo al visitatore una narrazione multiforme in dialogo on le testimonianze del passato e con gli elementi paesaggistici, antropologici e sociali che hanno plasmato l’attuale fisionomia del luogo.

L’intervento comprende tre opere: l’installazione Rovina Inversa del duo belga Gijs Van Vaerenbergh, il percorso scultoreo Chora dell’artista spagnola Selva Aparicio e la sonorizzazione Arbosonica dell’artista italiano Max Magaldi, con i contributi originali della poetessa Claudia Fabris e della musicista Daniela Pes.

 

Gijs Van Vaerenbergh, Rovina Inversa, ph. ©Roberto Conte

 

Con Rovina Inversa i Gijs Van Vaerenbergh sfidano le regole fisiche dell’architettura capovolgendole. Ribaltando il naturale processo di scomparsa di un’architettura – che procede usualmente dall’alto verso il basso, fino alle fondamenta – l’opera del duo belga offre invece allo sguardo la parte superiore del Tempio, in una lettura artistica del monumento scomparso tra immagine e materia; l’intervento si candida ad essere un nuovo landmark del territorio e un tratto distintivo del paesaggio lucano, un attrattore culturale che fa della terza dimensione, la rievocazione dell’alzato architettonico, un elemento capace di unire conservazione, comunicazione e valorizzazione del patrimonio.

L’opera, che raggiunge circa dodici metri di altezza, rievoca le proporzioni originali e i valori formali del tempio attraverso un intervento dichiaratamente contemporaneo, che fa uso di tecniche costruttive sperimentali e materiali che richiamano il mondo industriale, come elementi metallici per la struttura di sostegno e malta per la scultura sospesa.

 

Gijs Van Vaerenbergh, Rovina Inversa. Ph. ©Roberto Conte

Chora, l’opera di Selva Aparicio nel Bosco Sacro, è un percorso di avvicinamento alle rovine del santuario di Demetra composto da sette sculture ispirate alle edicole votive rurali. Le diverse sorgenti d’acqua e i numerosi oggetti votivi qui ritrovati e ora custoditi nel vicino Museo della Siritide, hanno contribuito nell’antichità ad accentuare il carattere selvatico e sacro di questo luogo, connotato da luoghi di culto rivolti a una divinità femminile legata all’acqua e ai riti di fertilità.

 

Selva Aparicio, Chora. Ph. ©Roberto Conte

 

Chora indaga come i culti demetriaci, arrivati ai giorni nostri attraverso secolari stratificazioni, siano confluiti in pratiche rituali proprie della cultura popolare. Le edicole votive, spogliate della loro connotazione religiosa, si trasformano in un rituale devozionale verso la natura e un riconoscimento della sua sacralità.

Le sculture sono realizzate mediante un rilievo botanico, con trame derivate da piante raccolte sul posto: le specie vegetali, impresse sulle edicole, ricreano una sorta di camouflage botanico con il contesto boschivo. Nel corso del tempo, permeate dal paesaggio circostante, diventeranno parte del Bosco Sacro e si fonderanno con esso.

 

Selva Aparicio, Chora, dettaglio. Ph. ©Roberto Conte

Arbosonica infine aggiunge all’ecosisitema esistente una quarta dimensione sonora trasparente. L’opera di Max Magaldi, fruibile attraverso una App, si articola in mappature geolocalizzate che consentono alle colonne sonore ambientali di attivarsi quando gli ascoltatori si spostano all’interno delle zone designate.
Al cuore di Arbosonica echeggia il mito di Demetra e Persefone, archetipo del ciclo vita-morte-rinascita, metafora naturale e spirituale del ritorno alla luce dopo l’ombra. Se le tracce archeologiche sono quasi dissolte, la natura, fragile e silenziosa, continua a rifiorire stagione dopo stagione: la morte non è assenza, ma un gesto necessario perché tutto possa rinascere.

Un elemento-chiave dell’installazione è la parola: Claudia Fabris intreccia testi poetici capaci di riportare alla luce significati sepolti che illuminano il presente. La voce di Daniela Pes attraversa il paesaggio come un richiamo remoto: arcaica e futuribile, si innesta nella materia sonora come strumento vivo e ancestrale. È la voce del corpo e dell’origine, che risuona in sintonia con la terra.
L’opera dialoga con l’identità sonora del Parco: il vento, gli uccelli, l’acqua. Questi suoni, registrati e ritessuti da Magaldi, costruiscono una trama che restituisce al visitatore la sensazione che sia il luogo stesso a parlare, a suonare, a raccontare la propria storia.
Arbosonica usa la tecnologia per generare un’esperienza libera e consapevole. L’App geolocalizzata e le cuffie a conduzione ossea permettono all’ascoltatore di immergersi in una realtà in cui i confini tra suono reale e composito si sfaldano.

Siris rientra nel progetto di “Valorizzazione aree sacre del Parco Archeologico di Herakleia e realizzazione di un Ecomuseo”, promosso dal Ministero della Cultura e finanziato con fondi del Programma Operativo Nazionale (PON) Cultura e Sviluppo – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) 2014-2020. La realizzazione, curata sotto la responsabilità dell’architetto Giuliano Zerillo, è stata gestita dal Segretariato Regionale per la Basilicata del Ministero della Cultura, istituto oggi cessato a seguito del recente riassetto organizzativo del Ministero, con il trasferimento delle funzioni alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata.

Il Parco Archeologico di Herakleia è uno dei siti compresi nella rete dei Musei e Parchi Archeologici Nazionali, gestiti dai Musei Nazionali di Matera – Direzione Regionale Musei Nazionali Basilicata.

 

Gijs Van Vaerenbergh, Rovina Inversa, particolare. Ph. ©Roberto Conte.

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