Come Frank Lloyd Wright, anche Lord Norman Foster – curatore della mostra Motion. Autos, Art, Architecture, dall’8 aprile al museo Guggenheim di Bilbao – è da sempre un entusiasta delle automobili, e tra i 40 modelli in esposizione ci sarà anche la Dimaxion #4, riproduzione del 2010 del modello progettato da Buckminster Fuller nel 1933-34 appartenente alla sua collezione personale.
Motion. Autos, Art, Architecture ripercorre più di un secolo di creazione automobilistica, esplorandone le molteplici corrispondenze con le sfere dell’arte plastica e dell’architettura in un percorso che ne evidenzia i principali sviluppi tecnologici e le enormi implicazioni sociali e culturali che ebbero.
Contemporaneamente, l’esposizione prende in esame il presente, con la spinta (non nuova) verso l’elettrificazione e l’uso massiccio di tecnologie digitali, e il futuro, con un’intera sezione dedicata al lavoro di sedici scuole internazionali di design e architettura, invitate dalla Norman Foster Foundation a immaginare come sarà la mobilità sul finire di questo secolo, momento che coinciderà con il bicentenario della nascita dell’automobile.
Il percorso espositivo occupa dieci spazi del Guggenheim ed è articolato in maniera tematica, dai Beginnings, dove osservare l’evoluzione delle forme dell’automobile, con l’aerodinamica resa efficace dall’innovazione delle gallerie del vento ma anticipata da artisti e architetti nei primi decenni del XX secolo, alle Sculptures, come le descriveva Arthur Drexler agli inizi degli Anni Cinquanta: una sala in cui quattro automobili, tra le più belle del XX secolo, vengono giustapposte alle sculture di Henry Moore e di Alexander Calder.
La sala Popularising parte dai tentativi, marcati anche da connotazioni politiche, di produrre una “macchina del popolo” moderna, per arrivare alle utilitarie del dopoguerra, tipico esempio di creatività con cui il design industriale affrontò la carenza di forniture del periodo, fino alla cultura Pop e all’impatto che la democratizzazione dell’automobile ebbe nel paesaggio urbano e rurale d’Europa e ancor più degli Usa.
Nella sala Sporting in mostra cinque esemplari di auto sportive ad alta velocità nel cui design convergono arte e moda, ritratte come oggetti di culto da artisti come Andy Warhol e da scenografi come Ken Adam.
Nella stessa sezione anche uno dei primi progetti di rampe a spirale, ideato nel 1925 da F. L. Wright per Gordon Strong, mai realizzato ma in seguito alla base della concezione del Solomon R. Guggenheim Museum di New York.
La galleria Visionaries parte a sua volta dai veicoli utopistici della metà del XX secolo, che preannunciavano la guida autonoma e il ricorso a forme alternative di propulsione, come la turbina, ed esalta la bellezza delle forme fluide e i loro esiti in materia di aerodinamica.
Le automobili sono esposte assieme a opere di alcuni rappresentanti del futurismo, artisti affascinati dal movimento e dalla velocità, tra le quali spicca Forme uniche della continuità nello spazio (1913), di Umberto Boccioni.
Esistono affinità visive anche tra i dipinti futuristi di Giacomo Balla e le macchine realizzate come prototipi unici, esemplificate nella sala da tre modelli degli anni Cinquanta della General Motors, esposti insieme per la prima volta in Europa. La visione utopistica del design di automobili si riflette nell’arte e nell’architettura del capolavoro moderno di Eero Saarinen: il Centro tecnico della General Motors.
In nessun altro luogo l’impatto dell’automobile è stato forte come negli Usa, il primo paese a percepire i benefici dell’uso di massa di automobili private e il primo a dover affrontare le conseguenze ambientali di una società fondata sull’automobile.
Il viaggio in auto attraverso gli immensi spazi aperti del continente e il loro interminabile orizzonte è un emblema della cultura statunitense, con i tradizionali diner e benzinai on the road. I viaggi sull’asfalto sono protagonisti di fotografie, quadri, musica e trattati letterari dal New Deal degli anni Trenta fino all’oggi, presenti nella sala Americana con le fotografie di Dorothea Lange, Marion Post Wolcott e O. Winston Link e i dipinti di Ed Ruscha e Robert Indiana. La vasta gamma di automobili qui esposte mette in rilievo i contrasti tra una gigantesca berlina con le pinne posteriori, una tipica auto sportiva, un hot rod dai colori sgargianti e la sobria funzionalità di una jeep pensata per la guerra.
Completa l’esposizione il Clay Modelling Studio, un laboratorio di modellazione che illustra la produzione di modelli d’argilla a dimensione reale, un processo ideato negli anni Trenta dal leggendario direttore creativo della General Motors, Harley Earl. Un processo che non può essere replicato e persiste oggi in tutto il settore nonostante i progressi della tecnologia informatica e della realtà virtuale. Il marchio Cadillac di General Motors ha permesso che una replica funzionante dello studio di modellazione in argilla con Lyriq EV – primo modello completamente elettrico del marchio – fosse un elemento vivo della mostra.
- Dove Museo Guggenheim Bilbao
- Quando 8 aprile – 18 settembre 2022
- Concetto e Design di Norman Foster, curata in collaborazione con Lekha Hileman Waitoller e Manuel Cirauqui, del Museo Guggenheim Bilbao, e un team della Norman Foster Foundation e suoi collaboratori
- Mostra organizzata dal Museo Guggenheim Bilbao e dalla Norman Foster Foundation
- Patrocinata da Iberdrola e Volkswagen Group
- Collaborano Cadillac per Clay Modelling Studio e Sennheiser per l’esperienza sonora inmersiva.
- Donor Gestamp